26 aprile 2018. E’ il trentaduesimo anniversario del disastro di Chernobyl.

Ci saranno al massimo poche parole nei mass-media a ricordarlo. E’ un avvenimento lontano. Così sembra. O così dobbiamo pensare.

Anche se si sa che la contaminazione da certe sostanze dura non decine o centinaia di anni, ma migliaia di anni. Anche se gli scienziati parlano di alterazioni nella flora e nella fauna della zona contaminata. Anche se la rivista “Focus” lo scorso ottobre, in un suo articolo scriveva, a proposito dei cinghiali, che “nella Repubblica Ceca, quasi la metà degli esemplari selvatici presenta livelli di contaminazione non sicuri per il consumo: è colpa di un fungo che assorbe alti livelli di cesio-137“. Gli animali  mangiano quei funghi, a distanza di più di 1000 km da Chernobyl. Non è una novità, la stessa contaminazione di animali selvatici è stata riscontrata negli ultimi anni in Germania, in Austria e nelle zone montane italiane. E il cesio-137, un isotopo radioattivo che dura solo una trentina d’anni, può procurare il cancro.

Ma ci sono le altre sostanze: lo stronzio, l’uranio, il plutonio, ecc. Sono nel terreno, e agiscono negli animali, ad esempio negli uccelli, che presentano malformazioni e una massa cerebrale più piccola del normale; negli alberi della “foresta rossa” colpita dalle radiazioni che non è aggredita da nessun microrganismo nonostante il passare degli anni. E le notizie rassicuranti che dicono del ripopolamento della “zona” da parte di lupi, cani, gatti, cavalli, ecc. non è detto che siano buone notizie. Gli animali stanno lì semplicemente perché lì possono vivere lontani dal loro nemico principale, l’uomo, e dall’inesorabile avanzare del progresso urbano.

I boschi sono a rischio di incendio per le alte temperature estive. E’ successo anche lo scorso anno che il fuoco si sia avvicinato pericolosamente. E il materiale radioattivo contenuto nel reattore è ancora lì. E’ stato ricoperto con un nuovo sarcofago costato 2 miliardi di dollari e che durerà solo 100 anni.

E gli esseri umani, e i bambini in particolare? Senza andare a cercare in internet – e ce ne sono tante – le notizie e le foto delle malformazioni, sta il fatto che la salute dei bambini ucraini non è, complessivamente, buona. E che la vita media degli Ucraini invece di allungarsi si accorcia. Colpa di Chernobyl? Tra morti per cancro, malattie cardiovascolari e malformazioni in un rapporto, molto criticato dell’ONU, del 2005 si parlava di 4.000 morti, ma studiosi britannici l’anno dopo scrivevano che i morti erano stati nei primi 20 anni tra 30.000 e 60.000. Greenpeace parla di centinaia di migliaia… Potremmo continuare con le dichiarazioni più diverse tra di loro.

Per avere delle risposte vere bisognerebbe che il nucleare non fosse un tema così scottante, utile energia di cui pare non possa per ora fare a meno il nostro mondo, arma distruttiva in primo piano nei rapporti geopolitici. 

Le persone contano poco, noi contiamo poco. E Chernobyl “è finita”…